Craig Thompson – Blankets (2003)

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Blankets_coverChi: Seconda graphic novel del fumettista Craig Thompson, suo più grande successo, capolavoro riconosciuto in patria e a livello internazionale che ha lanciato l’autore nell’olimpo dei più grandi. Il suo ultimo lavoro, Habibi, è uscito nel 2011.

Cosa: Autobiografia che racconta infanzia e adolescenza dello stesso autore, dall’educazione cattolica e oppressiva dei genitori, al rapporto con il fratello minore, sino ad arrivare al primo amore e alla maturazione definitiva verso l’età adulta. Lo stile è quello del classico romanzo di formazione, gli eventi sono raccontati in prima persona e i pensieri più intimi esplicitati grazie al sapiente uso della matita e delle immagini. Nucleo centrale della narrazione è la storia di Craig e Raina, un amore adolescenziale ricco di sfumature, tormentato e travolgente. Sono queste le parti più toccanti e meglio riuscite del romanzo, in cui si esplicita la vera natura del protagonista, la sua intimità più nascosta, i suoi dubbi, i rimorsi. L’autore si presenta nudo e crudo agli occhi del lettore e non si tira indietro nel narrare tutto sé stesso, tutto il suo punto di vista. Una storia personale ma con cui è facile immedesimarsi e ritrovare parti del proprio vissuto. Blankets vive di immagini e simboli che sono metafore vere e profonde. A predominare su tutto sono l’inverno e la neve, che tutto circondano e tutto ammantano, in un ricorrente gioco di silenzi e momenti profondi e mai banali. La coperta del titolo è fulcro centrale della narrazione e immagine ricorrente e sempre presente in infinite e numerose declinazioni.  Stilisticamente un lavoro bello e particolare, tutto giocato su bianchi e neri vari e multiformi, con tavole ricche di elementi e particolareggiate. A non convincere è l’edizione Rizzoli Lizard, con un formato che non si adatta granché bene alla grandezza stessa delle tavole.

Quindi: Romanzo grafico di formazione dallo stile originale e molto ben disegnato. Racconto emozionante e dolce, tormentato e poetico: non solo una storia d’amore, ma la storia di un bambino che si fa ragazzo e poi uomo, in un processo di maturazione coinvolgente e ben orchestrato.

Più: Bellezza delle tavole e della storia; capacità incredibile di emozionare
Meno: L’edizione di Rizzoli non è delle migliori

Voto: 8

Gipi – Unastoria (2013)

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unastoria-coverChi: Di Gipi avevamo già parlato qui, probabilmente il miglior autore di fumetti italiano, probabilmente il più talentuoso. Unastoria è la sua ultima opera, uscita lo scorso novembre e futura candidata (prima volta per un fumetto) al Premio Strega.

Cosa: Unastoria sono – paradossalmente – due storie, quella di Silvano Landi e quella del suo antenato Mauro. Il primo ricoverato in un ospedale psichiatrico dopo un terribile crollo nervoso, il secondo soldato al fronte durante la prima guerra mondiale. I loro destini si collegano indissolubilmente quando è Silvano a scoprire la storia di Mauro e a rimanerne inizialmente folgorato e poi totalmente ossessionato. Il costante intreccio tra i due racconti è punto fermo del libro in un viaggio a doppio binario tra una tragedia di guerra e una psiche disturbata e tormentata. Il libro di Gipi vive e si nutre di simboli che racchiudono il significato più profondo del racconto e delle sue due storie, icone che accompagneranno e tormenteranno il lettore ad ogni pagina: la stazione di servizio, la giovinezza contrapposta alla vecchiaia, la morte e la vita, le lacrime segno di tormento, gli alberi e le loro radici. A venirne fuori è una trama difficile, tesa e profondamente drammatica, dalle molteplici chiavi di lettura, da rileggere più volte per essere compresa e assimilata nella sua intimità più profonda. La magniloquenza degli acquerelli contrapposti allo scarno segno a matita sono la perfetta cifra stilistica di un autore che è capace di emozionare e regalare immagini forti e commuoventi: Unastoria è la vita di tutti noi, sempre in bilico su quel filo strettissimo che separa l’amore dalla follia, la vita dalla morte, la fine dalla speranza.

Quindi: Un gran bel fumetto. Disegnato alla perfezione, curassimo in ogni sua immagine e in ogni sua parola. Più che una storia ci viene mostrata l’anima più oscura e pura dei suoi protagonisti in un ballo drammatico verso l’ignoto. Da leggere. Per forza.

Più: Stilisticamente ineccepibile; trama forte e ben strutturata; emozionante
Meno: Non per tutti; una sola lettura potrebbe non bastare

Voto: 8

Guy Delisle – Cronache di Gerusalemme (2011)

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CRONACHE-DI-GERUSALEMME001Chi: Uno dei più grandi esponenti del graphic journalism, testimone di realtà diverse e spesso lontane. Dopo Shenzhen, Pyongyang e Cronache Birmane Guy Delisle ha dato alle stampe Cronache di Gerusalemme, racconto di un anno vissuto dall’autore al seguito della moglie e di Medici senza Frontiere nella città tartassata dallo scontro e dalle divisioni tra ebrei e arabi. Il fumetto ha vinto il premio come migliore opera al “Festival international de la bande dessinée d’Angoulême”, il più grande evento fumettistico d’Europa.

Cosa: Da Agosto 2008 a Luglio 2009, un viaggio lungo un anno attraverso le infinite contraddizioni di una terra bellissima ma ferita nel suo orgoglio più profondo dai conflitti infiniti della sua gente. Il fumettista canadese si muove con occhio curioso e attento e fotografa il meglio e il peggio della realtà che lo circonda. Il suo vuole essere un racconto di fatti e luoghi, di popoli e culture millenarie. Delisle è protagonista stesso dei fatti che racconta, testimone spaesato, insieme alla sua famiglia e alle tante persone che incontrerà lungo il suo viaggio, di un mondo che credeva diverso e che lo sorprende – in negativo e in positivo – ogni giorno di più. A prevalere non sono valutazioni e pensieri critici, ma ironia e humor, sempre delicati e mai fuori luogo. Lo stile dell’autore è semplice e lineare, le tavole hanno una suddivisione precisa e simmetrica e il disegno è semplice e quasi fanciullesco. Molto curate le rappresentazioni visive dei luoghi simbolo della città e del suo ormai tristemente famoso muro, vera fissazione dell’autore e filo conduttore immaginario di tutta l’opera. La struttura narrativa è simile a quella del più classico diario, con lo scorrere dei mesi a scandire il tempo della storia e gli eventi narrati suddivisi in momenti di diversa lunghezza e importanza, sempre in bilico tra vita quotidiana e grandi tematiche.

Quindi: Un documento giornalistico interessante e ben curato, in bilico tra leggerezza e temi più seri e scottanti. A prevalere è lo stile di un autore bravo e curioso, capace di trasmettere sensazioni e stati d’animo senza alcuna forzatura. Forse troppo lungo e ripetitivo, ma istruttivo ed esaustivo.

Più: Giornalisticamente sublime, semplice e ben raccontato
Meno: Troppo lungo e con un racconto che alla lunga risulta sempre tutto uguale.

Voto: 7 

Matt Kindt – Revolver (2010)

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revolver-hc-682x1024Chi: Matt Kindt, fumettista americano poco conosciuto in Italia, con una solida carriera alle spalle iniziata nel 2001 e che lo ha visto vincere numerosi premi e collaborare col profeta Alan Moore. Un attento e moderno osservatore della realtà.

Cosa: Revolver racconta la storia di un uomo frustrato e depresso, vittima della sua lugubre vita e di un lavoro e una ragazza che non lo hanno mai soddisfatto. Tutto cambia radicalmente quando Sam si ritrova catapultato in una realtà dove tutto sembra essersi capovolto, un mondo vittima di un’epidemia di aviaria che ha sterminato gran parte della popolazione; colpi di stato e attacchi terroristici che hanno distrutto il normale ordine sociale; morte e distruzione ovunque. Quello nel nuovo mondo è un Sam diverso, più sicuro di se, a volte violento, fautore e non più semplice spettatore della sua esistenza. Ogni notte, alle 11:11, il protagonista si risveglia catapultato nell’altro mondo, salvo poi risvegliarsi tutte le mattine intrappolato nella sua vecchia e insulsa vita. Il libro di Kindt si dipana nel risolvere questo apparentemente inspiegabile mistero e lo fa con una sapiente e costante alternanza tra due realtà tanto diverse quanto strettamente collegate. Il tutto grazie ad un sapiente uso degli elementi a disposizione, ad una costruzione ed evoluzione ben caratterizzata del protagonista e ad una storia che si fa sempre più complessa e misteriosa. Numerose le chiavi di lettura di un’opera che vuole descrivere la miserabile condizione della vita umana e tutte le vacuità che imperversano l’animo più profondo della nostra società. Importantissimo, in questo senso, è lo stile grafico dell’opera: il disegno di Kindt è deciso e vario, sa cambiare a seconda delle esigenze della vicenda che racconta, con un tratto stilistico che rappresenta il vero valore aggiunto del tutto. I due mondi sono caratterizzati da un uso del colore diverso, con tonalità blu per il mondo normale e grigie per quello post-apocalittico. Man mano che si va avanti, man mano che il confine tra le due realtà si farà sempre più sottile, le differenze saranno sempre meno marcate anche a livello cromatico. Di ottima fattura anche il costante flusso di breaking news che scandisce il ritmo del racconto pagina dopo pagina, un tocco di classe che sottolinea quanto sia stata maniacale e precisa la ricerca e la cura di ogni dettaglio.

Quindi: Un fumetto bello e graficamente eccelso. Una storia con tutti gli elementi al posto giusto, capace di ammaliare e far riflettere. Un finale forse un po’ troppo sbrigativo rovina quanto di bello costruito in tutto il resto dell’opera.

Più: Stile grafico e tavole di altissimo livello. Scelte cromatiche e attenzione ai dettagli di prim’ordine. Molteplici chiavi di lettura
Meno: Finale non all’altezza della bellezza di ciò che lo ha preceduto.

Voto: 8

Gipi – LMVDM (2008)

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lmvdm_coverChi: Gianni Pacinotti, uno dei più famosi fumettisti italiani, riconosciuto a livello internazionale per la sua originalità e il suo particolare stile fumettistico. In dieci anni è diventato uno dei massimi esponenti della rinascita del fumetto nel nostro paese, grazie anche alle collaborazioni con Repubblica e Internazionale.

Cosa: La Mia Vita Disegnata Male è un’opera fondamentalmente autobiografica. L’autore racconta la sua vita in un continuo flusso di coscienza fatto di episodi realmente accaduti, sedute psichiatriche, storie immaginarie, sogni decadenti e allucinazioni assurde. Tutto viene narrato senza soluzione di continuità in un continuo cambio di stile e prospettiva: una biografia atipica senza alcun filo conduttore, una storia triste e tormentata che sa far riflettere ma anche sorridere grazie a dosi massicce di ironia amara e humor nero. Gipi decide di togliere via maschere e filtri e si presenta nudo e crudo davanti agli occhi del lettore. Il suo sembra un disegno quasi infantile, discontinuo, spontaneo, atipico. Tanti gli stili presenti con tavole che si modificano e si evolvono seguendo lo scorrere incessante della narrazione. A colpire, più che la storia, è soprattutto la ricerca pittorica e di stile compiuta dall’autore, la bellezza di alcune tavole e la sapiente alternanza tra disegni diversi, scarno bianco e nero e ricchissimo colore. Un fumetto ostico e complesso ma allo stesso tempo scorrevole e piacevole. La storia di una vita che è anche il racconto di un modo di concepire il fumetto assolutamente unico nel nostro Paese.

Quindi: Una storia da leggere e divorare in un sol boccone per perdersi nell’incessante flusso mentale e immaginifico del suo autore. Disegni stupendi ma mai fini a se stessi e un racconto bello e toccante, sincero e appassionato.

PIù: bellezza grafica sconvolgente; stile unico ed inimitabile
Meno: a volte è davvero difficile seguire il procedere della narrazione

Voto: 8

Alessandro Baricco – Mr Gwyn (2011)

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cover-mr-gwynChi: Non ha bisogno di presentazioni. Se non sapete chi è cambiate blog, per favore. Uno dei più importanti scrittori italiani, un creativo, originale e atipico fenomeno dei nostri tempi. Gonfio di un ego e un “sotuttoioevoinonsapeteuncazzo” più che giustificato.

Cosa: Suo penultimo libro, Mr Gwyn, conferma in toto pregi e difetti della scrittura “baricchiana”. Si racconta la storia di uno scrittore che, persa la passione per il suo mestiere, decide di reinventarsi in un lavoro tutto nuovo, quello del “copista”. Svelare solo una minima parte della trama significherebbe intaccare quel gusto per la narrazione tanto caro all’autore, ma qui presente più che mai. Il mistero che avvolge le vicende del protagonista verrà svelato solo alla fine, in un crescere di sensazioni e in 30 pagine finali da togliere il fiato per bellezza ed intensità emotiva. Il resto purtroppo si perde spesso in quella leziosità tipica di Baricco, in descrizioni lunghe ed estenuanti, scritte magnificamente, ma a volte eccessivamente prolisse e inutili ai fini di un racconto che basa la sua bellezza proprio nei movimenti della storia e nel dipanare il mistero di Jasper Gwyn e del suo nuovo lavoro.

Quindi: Da leggere, tutto. Accantonate le leziosità e la lunghezza, le descrizioni prolisse e l’immobilismo statico; abbracciate invece una storia originale e ben costruita e con un finale che da solo premierà la vostra pazienza con vagonate di emozioni forti e sensazioni intense.

Più: Il finale, il finale, il finale. Il collegamento con il successivo Tre volte all’alba (2012)
Meno: Autocompiacimento di sé esagerato, a volte ai limiti del sopportabile. Certe pagine pesano davvero come macigni

Voto: 8

Zerocalcare – Dodici

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Dodici-ZerocalcareChi: Il fenomeno editoriale del momento, nato su internet e cresciuto a suon di post ogni (maledetto) lunedì su due. Testimone divertente della precaria realtà dei giovani d’oggi, fotografo attento del mondo di tutti i giorni con uno stile originale e particolare. In Italia unico nel suo genere.

Cosa: Dodici si distacca apertamente dalle tre opere grafiche che lo hanno preceduto. Una storia che mette da parte tormenti generazionali e storie di quotidianità per affrontare il tema della sopravvivenza post-apocalittica. Non mancano gli elementi che hanno reso celebre il fumettista romano, ma sono tutti al servizio di un racconto diverso nelle sue fondamenta più profonde. Costruito su più piani temporali, con un intreccio ben studiato e un finale altrettanto valido, cattura l’attenzione e diverte, concentrandosi meno su turbamenti e problemi e più su Roma, Rebibbia e il senso di appartenenza duro a morire.

Quindi: Un divertissement vero e proprio, lontano dall’essere un opera completa e più vicino a rappresentare un’episodio a sé stante nella giovane carriera del buon Calcare. Non un capolavoro ma un fumetto divertente e godibile e, come tutti i prodotti Bao, di pregevolissima fattura.

Più: Qualità generale del prodotto e delle tavole. Intreccio magistralmente costruito e perfettamente dipanato
Meno: Non all’altezza dei precedenti

Voto: 7